La macchietta è una rappresentazione caricaturale, usata nel teatro e nel varietà da metà Ottocento. La troviamo in Ettore Petrolini, Raffaele Viviani, Eduardo de Filippo, ossia le punte di diamante dell’intrattenimento fra i loro contemporanei; permetteva ai personaggi da loro interpretati di diffondersi e rimanere impressi nella cultura nazionale. Dopo aver spopolato per più di un secolo, sul finire degli anni ‘60 la macchietta scompare dalla musica italiana; sono Renato Carosone e Fred Buscaglione gli ultimi grandi artisti a usarla con grande successo.
I vari usi della caricatura in Carosone e Buscaglione
Renato Carosone e il suo sestetto sono stati interpreti moderni di questa tradizione e nei loro concerti, oltre la musica eseguita alla perfezione, c’era uno spettacolo nello spettacolo.
A volte la macchietta serviva a descrivere meglio il testo della canzone: con poche mosse Gegè di Giacomo poteva trasformare un tovagliolo bianco in un turbante per interpretare “Caravan Petrol”, o masticare una gomma durante “Tu vuo’ fa’ l’americano” per giocarci durante l’assolo di contrabbasso. Sono tante le trovate sperimentate nelle varie esibizioni che riuscivano a trasmettere la sensazione di gioco agli spettatori e a valicare il confine, a volte inesistente, fra concerto e teatro.
Per fortuna abbiamo delle testimonianze della loro arte. “E la barca tornò sola”, uno dei primi successi di Renato, era una canzone drammatica del 1954 interpretata da Gino Latilla e Franco Ricci, che il sestetto passò in farsa. Il video in cui Gegè di Giacomo si trasforma in comare che fa la calzetta e Piero Giorgetti davanti a un quadro da cantastorie fa i gargarismi è un tesoro di comicità e genio musicale assieme.
Anche Fred Buscaglione usò la macchietta per immortalare il suo personaggio più iconico, il gangster nostrano su celluloide. Ma anche per canzonare il più conosciuto gigolò del secolo, Porfirio Rubirosa (che nel brano diventa “Porfirio Villarosa”).
Il tormentone Canta Napoli
Il sestetto Carosone si spinge oltre l’interpretazione delle macchiette più popolari del momento per trasformare il loro stesso concerto in teatro. In assoluto la più grande delle loro invenzioni, per originalità e successo, è stata il grido “Sssh… Canta Napoli!” all’inizio delle canzoni.
Questo vero e proprio marchio di fabbrica della musica carosoniana nasce, naturalmente, per caso.
È proprio Carosone a raccontarlo al suo biografo Federico Vacalebre: tutto avviene durante un concerto a Milano nei primi anni ‘50. Il pubblico di uno dei night più in voga del centro città è così eccitato che Gegè prima di cantare “La Pansè” grida: “Sssh, canta Napoli, Napoli in fiore!”
Naturalmente il successo è immediato ed è altrettanto rapido il genio di Carosone, che spinge Gegè a continuare a farlo nelle canzoni che lui stesso canta, inventandosi ogni volta un aggettivo nuovo.
In “Caravan Petrol” è “Napoli petrolifera”, in “Pigliate ‘na pastiglia” è “Napoli in farmacia”, nel “O pellirossa” è “Napoli tatuata”, e così via.
In un concerto spettacolo de Los Carosones ispirato a questa epoca non possono mancare le macchiette; sarebbe come cercare di ricomporre un puzzle a cui manca un pezzo. L’uso della caricatura diventa una scusa per prendersi meno sul serio e lasciarsi andare. Nella nostra versione di “Tu vuo’ fa’ l’americano”, per esempio, abbiamo sostituito il personaggio che imita l’americano con un italiano appena arrivato a Barcellona, che decide di rimanere e di trasformarsi in catalano. Non poteva mancare la presa in giro (“ma tifavi Real Madrid!”), che spesso suscita grandi risate fra il pubblico. Quelle risate sono l’eredità di Carosone che noi custodiamo gelosamente.